Recensione del film "Il Giudice e il Boss"
Lo scorso 4 novembre gli studenti del triennio del Liceo Classico di Marsala hanno avuto l'opportunità di assistere alla proiezione del nuovo film del regista siciliano Pasquale Scimeca, dal titolo "Il giudice e il boss", prodotto da Arbash in collaborazione con Rai Cinema.
Lo stesso Scimeca è stato presente in sala a parlare del suo film e a illustrare la storia che vi è dietro prima della rappresentazione sul Grande Schermo, con la promessa che si sarebbe mostrato disponibile a condurre un breve dibattito con gli studenti del Liceo una volta finito il film.

La trama ruota intorno alle indagini del giudice Cesare Terranova (interpretato da Gaetano Bruno) sulla mafia condotte alla fine degli anni 60 nella provincia di Palermo, in particolare nel paese di Corleone. A quei tempi si sapeva ben poco sulla criminalità organizzata, in particolare la mafia corleonese ne rappresentava la parte più difficile da individuare, in quanto gli associati si riunivano in campagna lontano da occhi e orecchie indiscrete per parlare delle loro losche azioni e dei loro arricchimenti sporchi e illegali, consistenti nel narcotraffico e nell'uso delle armi.
Quando il giudice ricevette il gravoso compito di condurre un'indagine, fu appoggiato dal maresciallo Mancuso (Peppino Mazzotta), con il quale si addentrò nei meandri più oscuri della cosa nostra per studiarne ogni singolo aspetto e intraprese una vera e propria lotta contro il clan di criminali capitanati dal boss Luciano Liggio (Claudio Castrogiovanni).
Man mano che la loro investigazione procedeva però, ogni membrò della loro squadra si separò poco a poco da loro, fino a lasciarli lottare da soli. La scena finale vede il giudice parlare con Mancuso, a cui riferisce di aver capito che la sua morte è vicina e che la mafia sta cospirando contro di lui. Lo stesso giudice invita, infine, l'aiutante a proteggere sé stesso e la sua famiglia da tale pericolo incombente.
Il film presenta anche scene crude e violente che descrivono con grande capacità verista la crudeltà delle azioni compiute dagli associati della mafia, tra cui sparatorie, intimidazioni e occulti piani volti ad arricchircisi illegalmente e a tramare contro le persone da loro ritenute "fastidiose" e, pertanto, da eliminare.
La figura del giudice appare, a un primo sguardo, integerrima e incorruttibile. Solo durante un dialogo con il boss Liggio lo stesso giudice gli chiederà se nei suoi riesce a scorgere anche solamente un'ombra di paura. Non è da dimenticare che Terranova, ancor prima di essere un giudice, è un uomo dotato di emozioni e sentimenti e che ama la moglie Giovanna; e sebbene, da un lato, voglia continuare con impegno e costanza la sua tenace lotta contro la mafia, dall'altro lato è consapevole di dover tenere la consorte lontana dai mille pericoli cui va incontro.
Dopo la proiezione, si è svolto un interessante dibattito tra alcuni alunni dell'Istituto, che gli hanno posto curiose domande, e il regista che si è mostrato molto disponibile nell'illustrare il film sia da un punto di vista più tecnico che da uno più esplicativo. Gli studenti, complessivamente, si sono mostrati interessati all'iniziativa e alla rappresentazione cinematografica.
Terranova- spiega il regista- è stato una figura di riferimento essenziale per tutti i giudici che lo hanno succeduto, tra cui proprio Falcone e Borsellino, in quanto riuscì a portare alla luce aspetti della criminalità organizzata che fino alla sua epoca erano pressocché sconosciuti. Precedentemente ne aveva parlato lo scrittore Leonardo Sciascia, ma molti non avevano creduto alle sue parole, tranne lo stesso Terranova che era riuscito a dimostrarne la veridicità.
- LO PILATO SERENA