Fino a qui, tutto bene

23.04.2024

"Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio, per farsi coraggio, si ripete: Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio"

Con questa storia Mathieu Kassovitz decide di iniziare e chiudere il film "L'odio" o "La haine". Uscito nelle sale francesi il 31 maggio del 1995, da subito apprezzato dalla critica e riceverà un discreto incasso, diventa simbolo di una certa attitudine nei confronti della vita e della società trasformandosi in un vero e proprio film culto. Il film però non venne amato da tutti, infatti, quando il primo ministro francese di allora, Alain Juppé, propose una proiezione speciale chiedendo al suo staff di partecipare, molti si voltarono di spalle per non guardarlo. La domanda sorge spontanea, perché?

Beh in realtà la risposta è più semplice di quel che potrebbe sembrare. Questa pellicola parla di tematiche forti, scomode e non lo sarebbero se non dessero fastidio a qualcuno. Alcuni elementi fondamentali sono la periferia, la povertà, la violenza della polizia, la sopravvivenza ma anche l'arte, la musica e la visione di esse (e della vita) rispetto a diversi ceti sociali. Il regista fa molta attenzione alla verosimiglianza della storia raccontata. La storia si ambienta in una banlieue (periferia) parigina. I personaggi parlano in verlan, un gergo parigino che, se il film dovesse essere visto in lingua originale, aiuta molto il patto narrativo. I protagonisti sono 3: Vinz (Vincent Cassel), Hubert (Hubert Koundé) e Said (Said Taghmaoui). La Francia (e in questo caso particolare Parigi) è in tensione per un fenomeno che accade (fin troppo spesso) sin dal 1979: la polizia francese si scontra con i manifestanti, mettendoli in galera e abusando del proprio potere. I protagonisti hanno una forma di repulsione nei confronti della polizia e questo è normale, i loro amici e le loro famiglie sono state coinvolte in questi scontri.

Il problema (e forse l'elemento più interessante) è che, anche se questi personaggi sono fittizi, quello che rappresentano è vero. Mathieu Kassovitz (il regista dell'opera) non vuole in alcun modo fermarsi al pensiero di lotta di classe come idea a sé stante, ma vuole parlare di un pensiero più ampio e vuole narrare principalmente dell'enorme distacco tra periferia e centro (portando Parigi come esempio cardine). Questo distacco non è solo fisico, ma è ritrovabile anche e soprattutto nella differenza di qualità della vita e nel come vengano affrontate alcune parti della vita. Le scene che spiegano meglio questo concetto sono le due scene in cui si affronta l'arte. L'arte popolare, in questo caso la musica hip-hop, che diventa un sottofondo completamente integrato nelle vite e nella quotidianità della banlieue. In contrapposizione l'arte "altolocata", rintracciabile solo in alcuni luoghi specifici, come la mostra all'interno del film, e che esclude chiunque ci si avvicini, soprattutto se proveniente da un ceto più basso. 

Parigi però non viene scelta dal regista solo perché egli vive in quel luogo, infatti la principale fonte d'ispirazione per la creazione di questa pellicola è un fatto accaduto realmente, proprio a Parigi. É il 6 aprile del 1993, sono circa le 6 del mattino. In un commissariato di polizia del quartiere di Grandes Carrières, parte un colpo di pistola. A terra, esanime e riverso in una pozza di sangue, c'è Makomé M'Bowolé, un 18enne originario dello Zaire (uno stato africano). A sparare è l'ispettore Pascal Compain, da 12 anni in servizio. Questo fatto scatena una serie di eventi che porteranno a un ennesimo scontro tra polizia e manifestanti. Il regista rimane colpito da questa vicenda e un anno e mezzo dopo uscirà proprio con questo film. La cosa che colpisce è che questa storia non è (purtroppo) rimasta una rappresentazione di una condizione spiacevole esistita in un tempo passato, anzi il problema evidenziato è ancora più intenso oggi di quanto fosse ai tempi. Il 27 ottobre 2005 a Clichy-sous-Bois (comune francese) è iniziata la rivolta francese più importante degli ultimi 70 anni. Infatti l'ultima rivolta importante storicamente come questa è collocabile nel maggio 1968. Ma questa storia non si ferma al 2005, come non si fermerà al 2024. Questo film anticipava e anticiperà gli anni a venire e questa è forse la massima qualità di quest'opera. Come dice Said "questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani" e questo film racconta proprio della caduta. Un climax che raggiungerà il suo tragico apice con il finale. Una caduta che osserviamo da ormai troppi anni e un atterraggio che accade fin troppo spesso.

-CAMPO ANDREA

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