Cosa Bolle in pentola?
13.03.2025

"Immaginate un pentolone pieno d'acqua fredda, nel quale nuota tranquillamente una rana.
Il fuoco è acceso sotto la pentola, l'acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale.
Adesso l'acqua è calda. Un po' più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po', tuttavia non si spaventa.
L'acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla.
Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell'acqua a 50°, avrebbe dato un forte colpo di zampa e sarebbe balzata subito fuori dal pentolone".
Una zampata, un semplicissimo salto per sfuggire alla morte. Un'utopia irraggiungibile oggi.
L'apologo della rana bollita di Noam Chomsky, tratto dal libro Media e Potere, descrive esattamente la condizione dell'uomo moderno, comodamente adagiato sull'acqua bollente, pronto a evaporare lentamente e a rendersi insignificante, esistendo per poi scomparire senza lasciare traccia.
Per comprendere meglio questo apologo tanto animale quanto umano bisogna fare un salto nel passato, precisamente nel 1882, quando presso l'università John Hopkins di Baltimora un gruppo di ricercatori eseguì l'esperimento di cui Chomsky si servì successivamente per illustrare la condizione degli uomini.
La condizione della rana diventa così uno specchio di quella umana sotto una molteplicità di aspetti, a partire dalla capacità di adattarsi a situazioni deleterie senza alcun tipo di reazione.

Ad oggi, immersi per come siamo, facciamo non poca fatica a renderci conto di quanto questo apologo sia specchio del mondo in cui viviamo. Infatti, per una maggiore comprensione, possiamo collegare il principio della rana bollita alla terza regola del controllo sociale formulata da Chomsky stesso, ossia la strategia della gradualità, la quale consiste nel far accettare una misura inaccettabile applicandola gradualmente, "al contagocce, per anni consecutivi".
Quotidianamente assistiamo inerti all'aumento graduale della temperatura, accettando indifferenti tutto ciò che ci accade.
Adesso prendiamo come esempio lo stato della sanità siciliana, caratterizzata da un servizio pubblico al collasso, nel quale mancano i medici, le liste di attesa sono interminabili, i pronto soccorso sembrano trincee e le strutture sono obsolete.
Guardiamo adesso invece la sanità privata, la quale sembra essere un fiore all'occhiello per tutto il mondo, con ben 61 strutture ospedaliere private da cui vengono erogate mediamente 700.000 prestazioni ospedaliere, di queste oltre 188.000 pari al 25,70% vengono assicurate dagli istituti di cura di diritto privato che incidono sulla spesa regionale per il 12% circa (dati AIOP).
Senza divagare troppo su un tema che merita di essere affrontato in altra sede, se qualche anno fa ci avessero detto che per un tumore o qualsiasi altra complicazione in stato avanzato avremmo dovuto rivolgerci inevitabilmente a una struttura privata, è chiaro che si sarebbe scatenato un putiferio. Evidentemente stavamo ancora nuotando nell'acqua tiepida per rendercene conto.
Adesso invece, soprattutto dopo la pandemia, cominciamo a notare che forse l'acqua sta diventando un po' troppo calda per i nostri gusti, e che forse sanità pubblica e privata dovrebbero essere perfettamente integrate fra loro senza nessuna prevaricazione finanziata dalla politica. Però ormai siamo troppo impotenti (o indifferenti), tanto che sembra essere così da sempre; è la normalità. Forse la verità è che fra non troppo saremo veramente bolliti.
La realtà è che tutti noi, dopo essere stati bolliti, evaporiamo lentamente. Ogni volta che ci viene presentata una misura, che magari ingannando ci appare gradevole, dobbiamo avere la lucidità di valutare la situazione anche (e soprattutto) sul lungo termine. Infatti il continuo sottovalutare eventi che possono portarci a un punto di non ritorno, si dimostra letale. Non si tratta assolutamente di mero negativismo, bensì di lucido realismo.
Infatti, quando si parla di fenomeni che ormai tendiamo a dare per scontati, in realtà stiamo proprio sfociando in ciò che ci porta all'ebollizione, ossia l'indifferenza. Ogni volta che quasi ci infastidiamo a "continuare a sentir parlare sempre delle stesse cose" riguardo argomenti essenziali per lo sviluppo umano e sociale, quali possono essere il cambiamento climatico o la violenza di genere, è proprio per il fatto di restare indifferenti ad argomenti del genere che continuiamo a sentirne parlare. Il fatto più grave è che all'indifferenza spesso subentra il negazionismo. Ciò vuol dire che l'individuo/rana, ignorando totalmente quelli che sono i segnali di riscaldamento dell'acqua, comodamente immerso in essa, rifiuta di voler saltare fuori poiché compiere un'azione del genere lo farebbe uscire dal suo comfort.
«Perché devo fare la raccolta differenziata e impegnarmi a smistare tutti rifiuti, se il mio vicino di casa, con un maestoso sacco nero che straripa di rifiuti di ogni tipo risolve la situazione in un battibaleno?» La risposta, che per moltissimi sembra la più logica, è quella della totale indifferenza o peggio ancora della negazione assoluta del problema. A tal proposito sembra perfettamente calzante la politica di Trump, il quale pone come suoi obiettivi cose come:
«Interrompere la collaborazione e i finanziamenti verso fondazioni progressiste, imprese, istituzioni internazionali e ONG che promuovono il "fanatismo climatico"»
«Deregolamentazione per le grandi imprese e l'industria petrolifera»
e altre pazzie varie. Magari Trump è ben consapevole di promuovere leggi del genere per fare i propri interessi e quelli delle multinazionali, ma non penso che i suoi elettori siano altrettanto consapevoli della gravità delle sue azioni.

Forse la crisi climatica è ad oggi una delle rappresentazioni più riuscite dell'apologo. Se venti anni fa ci fosse mancata l'acqua per lavarci e avessimo visto bruciare la nostra terra, preda degli incendi estivi alimentati dallo scirocco, forse avremmo fatto qualcosa. Magari saremmo scesi in piazza, come quelle duemila persone che il 18 maggio del 1980 marciarono "per salvare 1500 ettari tra cielo e mare" da una superstrada nella Riserva dello Zingaro. Forse saremmo riusciti a dare quell'utopica zampata per schizzare fuori dall'acqua sempre più calda, e invece no, abbiamo accettato tutto, silenziosamente e con religiosa indifferenza. E oggi ci troviamo a guardarci inerti con le mani in mano, come per dirci: "Dobbiamo accontentarci, perché domani sarà peggio".
Sarebbe bastata una zampata.
Mar 13
Cosa Bolle in pentola?
"Immaginate un pentolone pieno d'acqua fredda, nel quale nuota tranquillamente una rana.
Gen 30
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